Il modus operandi

Il modus operandi viene spesso citato, anche nella stampa. Cos’è il modus operandi? Come si analizza? Quanto è importante nello studio di un caso o di un omicida seriale? Scopriamolo.

Definizioni del modus operandi

Il modus operandi è una locuzione latina. Significa “modo di operare” sia in senso generale che in un certo ambito. Indica un modo di agire riconducibile ad un singolo soggetto. È un comportamento messo in atto per compiere qualcosa.

Il modus operandi è a tutti gli effetti un comportamento. In psicologia, esso è un insieme complesso di atteggiamenti di risposta a stimoli o attività. È frutto di atteggiamenti appresi perciò a sua volta è variabile. Nessuno mantiene un comportamento fisso senza mai avere delle modifiche nel corso della vita o delle interazioni. Pensiamo ad esempio all’umore e come influisce. Un giorno potremmo svegliarci particolarmente sereni, e questo può influire sui comportamenti che abbiano.

Nel criminal profiling*, il modus operandi racchiude il comportamento dell’offender, colui che commette il crimine, e viene solitamente indicato con l’acronimo MO. L’offender agisce in un determinato modo spinto dalla sua personalità, dal modello comportamentale appreso, dai pensieri e dalle intenzioni. I comportamenti potrebbero sembrare anomali o sconnessi ma per l’offender hanno sempre un senso logico.

*Il criminal profiling è il metodo sviluppato dall’FBI per tracciare il profilo di autori di crimini sessuali, seriali o senza apparente movente. Si parte dall’analisi della scena del crimine o dell’abbandono, e di tutto ciò che serve per tracciare il profilo dell’offender.

Modus operandi e approccio con la vittima

Il MO è un modello comportamentale di un individuo. È un comportamento e come tale può essere appreso e modificato, in linea con l’obiettivo dell’offender. L’obbiettivo è trarre il massimo beneficio e gratificazione, con il minimo rischio di identificazione e cattura. Bisogna ricordarsi sempre che più si agisce, e più ci si specializza. Il carcere poi, inteso come luogo di apprendimento, non va mai tralasciato. Il MO, inoltre, permette di capire se ci sono collegamenti tra casi diversi.

Iniziando dall’analisi della scena del crimine, troviamo il tipo di approccio che l’offender ha avuto nei confronti della vittima.

In caso di approccio aggressivo, l’offender non ha capacità verbali o relazioni. Questo può avvenire per una situazione di opportunismo, coglie l’occasione, o di conflitto. Le capacità possono essere scemate per disturbi psichiatrici evidenti e non potrebbe mai avvicinare la vittima in modo diverso dall’attacco aggressivo. L’approccio aggressivo causato da estremismo indica un odio profondo e radicato verso la vittima-bersaglio e l’offender punta solo a distruggere la vittima, non cerca contatto. in questo approccio si possono trovare attività di caccia da parte dell’offender, ovvero attività di stalking, anche vero e proprio.

In caso di approccio seduttivo, l’offender ha una fiducia smisurata nelle proprie capacità relazionali e nelle doti carismatiche. L’offender seduce la vittima mentre sta già pregustando il momento dell’omicidio. Ted Bundy è stato un serial killer americano che ha sempre usato il suo carisma e la sua parlantina per attirare le vittime. Ci sono altre due categorie di questo tipo: vedove nere e Barbablù. Sono soggetti che uccidono mogli, mariti o amanti sfruttando la seduzione, un’arma indispensabile per non destare sospetti nella vittima o nelle indagini.

Modus operandi e gli studi di Lavorino

Lavorino (2000) ha studiato il MO e ha identificato tre categorie di atti che un serial killer deve necessariamente compiere:

  1. Atti tecnici esecutivi e logistici: azioni funzionali per compiere il crimine. I primi sono determinati da personalità, cultura, capacità; i secondi sono correlati alla situazione, alle circostanze e alle decisioni del soggetto.
  2. Atti simbolici e inconsci: sono azioni inconsce legate alla motivazione (simbolici) o di perfezionamento del metodo (inconsci). Se le azioni sono variabili, rientrano nel MO, se rimangono invariate sono parte della firma.
  3. Atti di depistaggio, inquinamento e contaminazione: tutto quello che è opera di manomissione e depistaggio.

Secondo Lavorino, ogni assassino agisce secondo una Matrice Organizzativa Cronologica dell’Omicidio (MOCO) ed è suddivisa in 8 fasi: decisionale, organizzativa progettuale, di predisposizione della vittima, preparazione della scena del crimine, esecutiva attuativa, over-killing o after-killing, alterazione della scena (autocopertura), distanziamento dall’omicidio.

Analizzando per ogni crimine il tempo di preparazione di ogni azione, i tempi per agire, il MO nel complesso, si può già arrivare a capire se il soggetto è organizzato, pratico, come ha scelto la vittima, come ha scelto le vie di fuga e capire come riuscire a catturarlo. Altri studi sono stati compiuti negli ultimi decenni rispetto a quelli di Lavorino, ma sono sempre molto interessanti da tenere a mente.

Modus operandi e altri fattori

La firma è unica per ogni criminale e rimane invariata. Non serve per compiere il delitto ma per soddisfare il criminale. È una parte integrante del MO e non va mai tralasciata, per questo è sempre importante fotografare le scene prima di compiere qualsiasi rilievo. Può riguardare la posizione della vittima dopo il crimine, azioni per ritardarne l’identificazione, atti rituali che potrebbero passare inosservati a un occhio poco attento.

Nel caso della relazione con il cadavere, possono essere compiute diverse azioni (personation, staging, undoing, mutilation) e vanno sempre studiate e individuate.

Le azioni di personation sono gesti compiuti dopo il crimine, hanno importanza solo per l’offender e sono strettamente legate alla firma e al MO. L’offender di solito aggiunge o toglie oggetti, modifica la posizione del corpo o compie qualcosa che solo lui conosce.

Lo staging è composto da tutte quelle azioni di alterazione della scena del crimine prima dell’intervento delle forze dell’ordine. Vengono fatte o per depistare o per proteggere la vittima o la sua famiglia.

Altro fattore da analizzare è l’undoing. Il criminale modifica la scena del crimine perché prova rimorso e rende tutto meno degradante. In questi casi la vittima è importante o ha una relazione con l’offender.

Il termine mutilation (mutilazione) indica tutto quello che viene compiuto dopo la morte. Sono atti che di solito rientrano nella firma e rimangono perciò invariabili.

Ad esempio, lo spostamento del corpo è fondamentale per capire il MO e la firma. Ci possono essere tre tipi di azione: posizionamento (messa in posa), occultamento, scaricamento. Ognuna di queste azioni è strettamente legata a MO e firma.

Un esempio di analisi – Jack Lo Squartatore

Jack Lo Squartatore è un serial killer che ha agito nell’autunno del 1888 londinese, nei quartieri di Whitechapel e limitrofi. Il nome deriva da una lettera che si crede abbia inviato lo stesso assassino. Gli sono state ufficialmente attribuite cinque vittime anche se, considerato il MO e la vittimologia, potrebbero essere molte di più. Le vittime erano prostitute che venivano pugnalate, sgozzate e poi mutilate. Tutte le vittime hanno subito mutilazioni per l’asportazione di alcuni organi, soprattutto correlati agli organi riproduttivi.

Vittime:

Mary Ann Nichols (31 agosto 1888) quasi decapitata, l’intestino fuoriesce dalla ferita sul ventre, ferite agli organi genitali.

Annie Chapman (8 settembre 1888) quasi decapitata, intestino posto sulla spalla destra, organi sessuali quasi interamente asportati.

Elizabeth Stride (30 settembre 1888) gola tagliata con il sangue che ancora sgorga. Jack non ha avuto tempo di infierire perché disturbato.

Catherine Eddowes (30 settembre 1888) quasi decapitata, intestino sulla spalla destra, organi sessuali e rene sinistro asportati. Il viso e l’orecchio sinistro erano mutilati. Ha un taglio a V sulla guancia destra. Viene trovata dopo poco dall’uccisione della Stride, il corpo è ancora caldo. Si è preso tempo per infierire maggiormente.

Mary Jane Kelly (8 novembre 1888) uccisa nella camera dove viveva, sul suo letto. La gola è squarciata, il viso mutilato, diversi organi sono stati asportati e poggiati sul corpo. Il cuore non viene trovato.

Per un approfondimento sul caso e sulle vittime, rimando al seguente link.

I profili di Jack Lo Squartatore

All’epoca non esistevano profiler o criminologi ma un medico e un esperto di malattie mentali avevano stilato un profilo ipotetico di Jack. Il medico è Dr. Thomas Bond, divenuto medico nel 1864 e poi si è specializzato nella medicina legale. Il secondo è Forbes Winslow, un esperto di malattie mentali.

Bond: uomo forte, freddo e audace. Non ci sono prove che abbia avuto un complice. Potrebbe soffrire di attacchi di mania erotica e omicida. Ha manie religiose o di vendetta. Appare inoffensivo, di mezza età, curato nell’igiene. Indossa mantelli o cappotti per dileguarsi senza far vedere gli abiti insanguinati. Soggetto solitario ed eccentrico che vive di sussidi o piccole entrate. Potrebbe vivere in mezzo a persone rispettabili che hanno sospetti ma anche paura di parlare. Una ricompensa potrebbe far vincere loro le paure.

Winslow: Jack appartiene alle classi alte della società, ma rilasciato o evaso da poco da un manicomio. Se rilasciato, appare normale ma cova manie e fantasie morbose. Indica la pista dei manicomi per vedere chi è evaso o è stato rilasciato prima del periodo degli omicidi.

Un possibile profilo moderno: uomo di circa 25-30 anni, robusto e in ottima forma fisica. Riesce a rendersi invisibile e spostarsi indisturbato. Indossa sicuramente un mantello scuro. Ha con sé una borsa per gli attrezzi e per portare via gli organi. La vittimologia è costituita da prostitute, facili da avvicinare, non servono seduzione o fiducia. Agisce in quartieri poveri e degradati. Il MO è tagliare la gola fin quasi alla decapitazione e solo in seguito mutilare. Il MO si è evoluto negli omicidi, migliorando nelle asportazioni degli organi e nel portarli via. Ha avuto un’escalation di mutilazioni del viso. L’evoluzione del MO potrebbe indicare che non ha solide conoscenze di anatomia. Smette di uccidere o perché deceduto o perché ha cambiato zona. Proviene dalla classe alta, lavora di giorno, è insospettabile. La ferite e le mutilazioni sono post mortem, quindi odia le donne ma non è sadico.

In conclusione

Bisogna sempre fotografare e immortalare tutti gli ambienti e le zone intorno alla scena del crimine, prima di fare qualsiasi tipo di misurazione o intervento. Il momento del ritrovamento va cristallizzato per poter essere analizzato e studiato, anche in seguito. Bisogna sempre accertarsi di qualsiasi alterazione, confrontandolo anche con casi del passato. Lo studio approfondito della scena permette di studiare l’approccio vittima-offender, MO e firma, partendo da questo si riesce poi a risalire al profilo del soggetto che ha agito.

Non è mai stabile, è mutevole e per questo va sempre considerato insieme a tutto il crimine. La vittimologia, la possibile firma, i luoghi di uccisione e di abbandono sono fattori da analizzare insieme al possibile MO individuato ma bisogna ricordare che sono esistiti serial killer che hanno agito senza un MO. Ne parleremo nei prossimi articoli.

Pubblicato da criminalmotive

Dottoressa in scienze e tecniche psicologiche, appassionata di criminologia.

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